Smart working – quadro generale
Lo Smart working ha avuto la sua massima diffusione con l’espandersi del Covid-19, ma la sua introduzione risale a diversi anni addietro:
- al 2014, anno di deposito della proposta di Legge contenete le “Norme finalizzate alla promozione di forme flessibili e semplificate di telelavoro”;
- al 2017 con l’approvazione della Legge n. 81, redatta in linea con quanto espresso dal Parlamento europeo nella risoluzione del 13 settembre 2016.
La Legge summenzionata ha gettato le basi per una vera e propria rivoluzione culturale, manageriale e strutturale, fornendo uno strumento in grado di innovare i processi organizzativi aziendali.
Ancor prima del 2017 la normativa, seppur in maniera disorganica, concedeva la possibilità al datore di lavoro di stipulare forme assicurative alternative per consentire ai propri lavoratori maggiore flessibilità al lavoro. Il datore di lavoro, però, subendo il vuoto normativo (in quanto non vi era un quadro ben chiaro e delineato) in un ambito di cruciale interesse ha preferito evitare l’adozione di tutte quelle forme di lavoro che comportassero una maggiore esposizione a rischi sanzionatori; per cui tale vuoto agiva da deterrente, fortunatamente superato successivamente come dimostrato nel paragrafo successivo.
Contenuti “cuore” della normativa
L’intervento della L. n. 81/2017 con l’introduzione di una cornice normativa ben definita ha incoraggiato le imprese al ricorrere a questa forma “alternativa” di lavoro.
Di seguito si esaminano brevemente quelli che sono i suoi elementi cardine:
- L’accordo individuale stipulato tra datore di lavoro e lavoratore dovrà essere redatto in forma scritta e potrà avere durata a tempo determinato o indeterminato;
- Lo strumento dello smart working non viene concepito come una vera e propria forma contrattuale, bensì solo come una “modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato”, poiché se così non fosse verrebbe meno il principio della flessibilità tipico di tale strumento;
- Ai dipendenti in smart working deve essere garantito il medesimo trattamento economico e normativo di coloro che prestano attività lavorativa in modalità “ordinaria”;
- Ai dipendenti in smart working deve essere garantita la tutela in caso di infortuni e malattie professionali, così come stabilito dalla Circolare Inail n° 48/2017. Questo ultimo punto rappresenta un aspetto di fondamentale importanza in quando l’Istituto ha stabilito che il rischio al quale il lavoratore si espone prestando la propria attività in modalità agile è il medesimo al quale incorrerebbe lavorando in azienda e ancora di più l’Ente riconosce anche l’infortunio in itinere stabilendo che: il lavoratore ha diritto alla tutela contro gli infortuni sul lavoro occorsi durante il normale percorso di andata e ritorno dal luogo di abitazione a quello prescelto per lo svolgimento della prestazione lavorativa all’esterno dei locali aziendali, ... quando la scelta del luogo della prestazione sia dettata da esigenze connesse alla prestazione stessa o dalla necessità del lavoratore di conciliare le esigenze di vita con quelle lavorative e risponda a criteri di ragionevolezza
Smart working ed emergenza epidemiologica da COVID-19
Il 23 febbraio 2020 veniva introdotto il decreto legge n°6 recante “Misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19”, il quale ha stabilito all’articolo 3 che
“La modalità di lavoro agile disciplinata dagli articoli da 18 a 23 della legge 22 maggio 2017, n. 81, è applicabile in via automatica ad ogni rapporto di lavoro subordinato nell’ambito di aree considerate a rischio nelle situazioni di emergenza nazionale o locale nel rispetto dei principi dettati dalle menzionate disposizioni e anche in assenza degli accordi individuali ivi previsti.”.
Questo permetteva, e permette tutt’ora, al datore di lavoro di disporre il lavoro agile con una comunicazione unilaterale, anche attraverso una semplice e-mail, ma con la fine dello stato d’emergenza la situazione è destinata a cambiare.
Questi due anni di pandemia hanno cambiato radicalmente le abitudini lavorative di molte persone. Secondo il gruppo di studio sul lavoro agile del Ministero del Lavoro solo nell’ultimo anno sono tra i 5 e gli 8 milioni coloro che hanno lavorato da remoto, pari ad una quota che oscilla tra il 28% e il 35% del totale dei lavoratori, un numero enorme se confrontato con il dato prepandemico che l’INAPP stima in 2,4 milioni.
Il cambiamento vissuto ha portato alla necessità di rivedere la normativa alla base del lavoro agile, prevista dalla legge n. 81/2017, che al momento è derogata in virtù dello stato d’emergenza la cui fine è stata decretata per il 31 marzo 2022, ma è prevista una proroga per il lavoro agile semplificato fino al 30 giugno 2022 al fine di disciplinare al meglio la materia e permettere alle aziende una migliore organizzazione.
Dalle comunicazioni obbligatorie agli accordi individuali
Nelle bozze del decreto inizialmente destinato a disciplinare la materia a partire dal 1° aprile, ora 1° luglio, si parla di una normativa che si porrà a metà tra quella originale e quella semplificata in virtù dello stato di emergenza. Dovrebbe essere infatti prevista una comunicazione in via telematica al Ministero del Lavoro dei soli nominativi dei dipendenti interessati e il periodo per il quale il lavoro agile è previsto, con la previsione anche di un tempo indeterminato con possibilità di recesso rispettando un termine di preavviso di 30 giorni, elevato a 90 qualora il lavoratore interessato sia disabile. È possibile, invece, recedere liberamente nell’eventualità in cui sia presente un “giustificato motivo”.
Resta necessaria la sottoscrizione di un accordo individuale che dovrà recepire le regole comuni fissate dagli accordi collettivi, nazionali e di secondo livello, e fissare gli aspetti pratici dell’esecuzione della prestazione come i giorni settimanali e mensili di lavoro agile, i quali non dovranno essere inferiori al 30% delle ore complessive, gli obiettivi da raggiungere, le misure di sicurezza specifiche da adottare, i tempi di riposo e il diritto alla disconnessione.
Sono, inoltre, previsti crediti d’imposta sull’acquisto degli strumenti informatici da dare in dotazione ai lavoratori in smart e lo sconto dell’1% sui premi assicurativi a carico del datore di lavoro dovuti all’INAIL.
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