La contemporanea riforma avvenuta nell’ambito dell’imposizione diretta delle operazioni straordinarie - e nello specifico del c.d. “realizzo controllato” nei conferimenti di partecipazioni “qualificate” ma non di controllo - e quella relativa alla tassazione delle donazioni/successioni, ha aperto la strada ad una serie di potenziali operazioni che in precedenza erano più difficilmente percorribili, se non addirittura impossibili, a meno di farsi carico dei conseguenti e rilevanti oneri fiscali.
Ci si riferisce alle modifiche apportate all'articolo 177 del TUIR da parte dell’articolo 17 del D.Lgs. 13.12.2024 n. 192 (c.d. decreto legislativo di "Riforma dell'IRPEF e dell'IRES" attuativo della L. 111/2023) e quelle che hanno interessato l’articolo 3 del testo unico dell'imposta sulle successioni e donazioni ad opera dell’articolo 1 del DLgs. 18.9.2024 n. 139, rubricato “Disposizioni per la razionalizzazione dell'imposta di registro, dell'imposta sulle successioni e donazioni, dell'imposta di bollo e degli altri tributi indiretti diversi dall'IVA”.
Più in particolare, le due norme sembrano ora consentire la realizzazione di operazioni di riorganizzazione dei gruppi societari a vocazione familiare, con un occhio alla semplificazione del passaggio generazionale, esentando tutto il percorso da tassazione diretta ed indiretta, pur se permangono limitazioni e alcuni dubbi interpretativi.
Il caso tipico è quello del conferimento in holding di partecipazioni qualificate, ma non di maggioranza, e del successivo trasferimento delle quote nella holding nell’ambito del passaggio generazionale, sfruttando l’esenzione da imposta prevista dalle norme sulle donazioni e successioni.
La prima delle due modifiche ha, infatti, comportato la riscrittura delle norme relative al regime di “realizzo controllato” nella parte relativa ai conferimenti di partecipazioni “qualificate”, così come definite dall’articolo 67 comma 1, lett. c) del TUIR, e alla modalità di calcolo delle soglie di accesso al regime stesso nel caso oggetto di conferimento siano partecipazioni in holding.
In precedenza, per verificare il superamento della soglia minima della partecipazione da conferire posseduta in una holding, era necessario che la percentuale di partecipazione “qualificata” fosse riscontrata in tutte le società indirettamente partecipate che esercitavano un’impresa commerciale, anche se queste fossero state detenute indirettamente per il tramite di una società che esercitava a sua volta attività commerciale.
A partire dai conferimenti effettuati dal 2025, grazie alle modifiche intervenute, è stato abbandonato l’obbligo di verifica della qualificazione a tutti i livelli partecipativi sottostanti alla holding oggetto di conferimento, rilevando solo le partecipazioni di cui quest’ultima sia titolare e quelle in possesso delle subholding legate ad essa da un rapporto di controllo.
La semplificazione rispetto al passato è evidente, rendendo più agevole l’accesso al regime di “realizzo controllato”, soprattutto nel caso di gruppi articolati con partecipazioni “periferiche”, spesso sottosoglia, che ne ostacolavano l’adozione.
Permangono, tuttavia, dubbi su alcuni aspetti interpretativi relativi alle modalità di calcolo e al caso dei c.d. “conferimenti congiunti”, vale a dire quei conferimenti che complessivamente sono oltre soglia ma in cui nessuno dei conferenti singolarmente considerato è in possesso di partecipazioni qualificate.
Per quanto riguarda la seconda modifica, con la riformulazione dell’art. 3 comma 4-ter del D.lgs. 346/90 messa in atto con l’entrata in vigore dell’D.lgs. 139/2024,essa dispone che il passaggio generazionale delle cosiddette “società senza impresa” beneficia di un’esenzione fiscale dall’imposta sulle successioni e donazioni, superando l’orientamento espresso dalla prassi dell’Agenzia delle Entrate e dalla giurisprudenza di legittimità durante la vigenza della “vecchia” formulazione della norma.
Fino all’entrata in vigore del succitato Decreto Legislativo l’applicazione dell’art. 3, comma 4-ter, del D.lgs. 346/90 era subordinata al fatto che il trasferimento delle quote o azioni avesse ad oggetto esclusivamente società con attività imprenditoriale, escludendo di fatto società come le holding o le società immobiliari.
L’aspetto più rilevante del riformulato art. 3 comma 4-ter riguarda la disposizione in cui il legislatore ha puntualmente declinato il periodo di osservazione quinquennale, differenziandolo in relazione alle tre tipologie di trasferimento agevolate.
Il nuovo art. 3 comma 4-ter, infatti, oggi precisa che il beneficio si applica:
- in caso di trasferimento di aziende o rami di esse, a condizione che gli aventi causa proseguano l’esercizio dell’attività d’impresa per un periodo non inferiore a 5 anni dal trasferimento;
- in caso di trasferimento di quote sociali e azioni di soggetti di cui all’art. 73 comma 1 lettera a) del TUIR, a condizione che gli aventi causa detengano il controllo per almeno 5 anni dalla data del trasferimento;
- in caso di trasferimento di altre quote sociali, a condizione che gli aventi causa detengano la titolarità del diritto per un periodo non inferiore a cinque anni dal trasferimento.
In breve, il nuovo art. 3, comma 4-ter specifica che l’esercizio dell’attività imprenditoriale rappresenta “condicio sine qua non” solo per il trasferimento di aziende o rami di esse, mentre per le altre tipologie di società è sufficiente rispettare i termini di detenzione o controllo previsti dalla norma.
Come è facile comprendere anche qui le modifiche sono tali da lasciare qualche zona d’ombra, non tanto sulla bontà di tali interpretazioni innovative quanto soprattutto sugli esiti di gettito che queste comportano, anche alla luce della mancanza sia di chiarimenti da parte degli uffici finanziari che di giurisprudenza sul punto.
Chiarimenti che si auspica confermino il quadro sopra delineato, che tende ad una sostanziale semplificazione del percorso verso il passaggio generazionale di partecipazioni di minoranza, ma qualificate, detenute tramite società holding.